Honda, le moto dagli occhi a mandorla

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scrambler
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Honda, le moto dagli occhi a mandorla

#1

Messaggio da scrambler »

Per capire meglio il successo delle moto asiatiche che scalzarono dal mercato le europee, ripropongo questa intervista a Honda.
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Dan67
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Re: Honda, le moto dagli occhi a mandorla

#2

Messaggio da Dan67 »

ehh...quelli son peggio dei nazi...quando si mettono sono volatili amari per tutti, citazioni classiche: cercavano 10 kamikaze..si son presentati in 100...alla presentazione del caccia Zero (A6M mitusbishi) x 2 ore di ritardo (dovute alla mancanza dei pneumatici...x cui manco colpa loro) 17 ing. si sono suicidati.
"Il triangolino che ci esalta"
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JohnnyBravo
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Re: Honda, le moto dagli occhi a mandorla

#3

Messaggio da JohnnyBravo »

Le giapponesi hanno dato un durissimo colpo alle moto italiane e inglesi che allora andavano per la maggiore. Erano avanti almeno 10 anni.
La vita è un viaggio, e allora perché non farlo in prima classe?
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Cecchi71
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Re: Honda, le moto dagli occhi a mandorla

#4

Messaggio da Cecchi71 »

Pure io compro solo JAP :-P
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scrambler
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Re: Honda, le moto dagli occhi a mandorla

#5

Messaggio da scrambler »

scrambler ha scritto: venerdì 11 ottobre 2019, 18:50 Per capire meglio il successo delle moto asiatiche che scalzarono dal mercato le europee, ripropongo questa intervista a Honda.
Ripropongo anche una analisi fatta da Adriano a riguardo su mia sollecitazione, meritevole di uscire dall'oblio.
Nel caso Adriano non fosse d'accordo fa lo stesso :-)

"Allora premetto che di moto non capisco nulla, salvo il fatto che pure le moto hanno degli organi meccanici simili alle auto.
Più che altro credo sia una questione familiare cioè a casa mia andavano tutti matti per le macchine cominciando da mio nonno. Di moto non ce ne sono mai state e all'epoca passava pure il messaggio "moto=ripiego per chi non ha i soldi per la macchina". Erano altri tempi comunque la moto l'ho saltata a piè pari. Peccato perché sono convinto che sia una bella cosa, a parte il pericolo notevole che usarla comporta.

Comunque quelle fotografate sono sempre oggetti dei miei tempi e li ricordo benissimo. Peraltro sulla questione dei costi delle marmitte ci ho preso.

La Kawasaki era un mito dei tempi ma Dan fa riferimento alla 750, io invece ricordo che ben prima girava in ben altri numeri la 500 2 tempi 3 cilindri. Moto velocissima che assommava l'esiguità dell'impianto frenante con l'assenza di freno motore dovuta al fatto che era una due tempi. Risultato: ci morivano come le mosche. Per la cronaca Kawasaki è il nome di almeno tre città giapponesi, evidentemente un toponimo perché il primo ideogramma "kawa" (川) significa "fiume". Il nome intero della fabbrica è:

Kawasaki Heavy Industries, Ltd. (in Giapponese: 川崎重工業株式会社)

Non conosco i motivi della prevalenza nel settore motociclistico dell'industria giapponese. Probabilmente è dovuta al fatto che, ai tempi, il mercato mondiale della moto era ristretto a moto italiane, inglesi, tedesche e forse qualcosa di spagnolo. Penso poco altro. Nessuna marca di quelle europee brillava certo per innovazione. Quindi fu "facile", con prodotti estremamente innovativi, sofisticati e pure belli, affermarsi rapidamente.

Invece nel settore automobilistico c'erano i mostri USA e pure molte case europee quindi la questione era molto più complessa. Poi, con quel che costava una macchina, affermarsi sul mercato era dura perché l'utente doveva rischiare una grossa somma su un prodotto sconosciuto. Per non parlare del protezionismo selvaggio operato ai tempi, ad esempio dall'Italia, che serviva a tutelare mamma Fiat e a impedire di fatto l'ingresso del prodotto giapponese.

Non ricordo come andasse per le moto da questo punto di vista ma immagino che il prodotto moto fosse in ogni caso meno costoso e che la tecnologia fosse talmente avanzata da giustificare ampiamente l'eventuale spesa supplementare.

Estremamente interessante il documentario sulla Honda e su quel gran personaggio che fondò la casa. Con tutte le riserve del caso, visto che sono trascorsi 40 anni e l'intervistatore, Mario Soldati, che era uno scrittore e regista, non era affatto un esperto del ramo quindi rivolse domande generiche, vomitò luoghi comuni scontati e in definitiva non so quanto riuscì a capire. Credo poco.

Comunque rimane un documento estremamente interessante che non conoscevo.

Faccio alcune considerazioni che forse possono tentare di spiegare un po' il modo di pensare dei giapponesi. Innanzitutto noto che la traduttrice all'inizio fa una "prova microfono" identica a quella che si usa da noi ancora oggi dicendo "ichi, ni, san" cioè "uno, due, tre".

Fateci caso la traduzione non è proprio simultanea pure se le domande erano state ampiamente concordate: è impensabile che un capo di industria leader, come Honda, accettasse di rispondere all'impronta. Il fatto è che la traduzione simultanea in giapponese è quasi impossibile perché spesso alla fine della frase c'è un "regolatore" che dà il senso a tutto ciò che precede.

Tremendo a tratti il commento, soprattutto laddove spiega la modernità del paese e soprattutto il fatto che "l'anima del Giappone" non c'è più, sono materialisti e non c'è spiritualità". Notevole baggianata o meglio ingenuità e ignoranza perché pragmatismo e materialismo sono due cose diverse, quanto alla spiritualità, credo che il Giappone sia uno dei paesi a maggior tasso di spiritualità del mondo anche se di fatto penso si possa dire che nessuno abbia una credenza religiosa almeno come la intendiamo noi o gli islamici.

Per finire l'anima del Giappone c'è ancora adesso, figuriamoci allora ma il fatto è che non è certo visibile. Sta sotto, dietro, al di là. Sempre. E sono ben pochi gli occidentali, o stranieri in genere, in grado di percepirla.
Tanto è vero che nel documentario, uno dei momenti chiave è proprio la cerimonia del tè che è uno dei pilastri dell'anima giapponese. La signora serve con oggetti e gesti invariati dal '500. La scena si svolge in una "chashitsu" (stanza del tè) che i giapponesi chiamano anche "dimora del vuoto".

Vi immaginate Agnelli che in un documentario si fa ritrarre mentre partecipa a una cerimonia del genere?

È proprio questo è un segnale di spiritualità che viene lanciato verso lo straniero, essendo ben certi che tanto non è in grado di capirlo. E in effetti, per quanto possiamo approfondire, il senso vero dello zen, per un occidentale, è assai difficile da comprendere. Ne possiamo avere una pallida idea ma per me è strettamente connesso con l'animo orientale.

Avete notato cosa c'è alle spalle di Honda? Una rappresentazione del bacino di S. Marco nel Settecento (si vede dagli abiti e dal fatto che le gondole hanno il "felze", la piccola cabina). Di certo non si trova lì per caso ma per onorare e mettere a suo agio l'ospite.

Vi ricordate quando Agnelli parlava? Diceva sempre "LA FIAT", "In FIAT" oppure direttamente "FIAT". Honda invece dice continuamente, anzi esordisce regolarmente, con un "kaisha no" che vuol dire "dell'azienda". Perché non c'è bisogno di farne il nome: la kaisha è molto più della mamma, della casa, della chiesa e della famiglia. Dalla nascita alla morte, il dipendente vive per la kaisha, con la quale ha un rapporto di devozione.

Sarà paternalismo, non c'è dubbio, ma anche questo fa parte dell'animo giapponese. Pertanto quando Soldati dice "..la fabbrica è una prigione, una galera" e quindi non sa spiegarsi come mai sono tutti belli e sorridenti, a me fa morire dal ridere perché vuol dire che non ha capito assolutamente nulla di come stiano realmente le cose.

In Giappone non c'è mai stata la democrazia, che è un'invenzione europea, greca soprattutto, non c'è mai stato l'Illuminismo che è un'invenzione europea, soprattutto francese. Quindi ragionare con i nostri metri è una pura assurdità.
Peraltro entrambe le "invenzioni" non sono mai state esportabili nei paesi musulmani e infatti ne vediamo gli effetti.

Altro passaggio importante quando Soldati chiede il segreto del successo e Honda parla della qualità. All'epoca per noi un oggetto misterioso. Ciò perché sia il Just in time che la Qualità totale sono invenzioni giapponesi. Quindi questo proiettava il prodotto anni luce avanti, rispetto alla concorrenza occidentale. E quindi dire che i giapponesi si sono limitati a copiare è una notevole imprecisione visto che hanno inventato un paio di cosette che sono alla base dell'industria moderna.

In verità, a voler essere pignoli, il JIT fu sperimentato dalla Ford negli anni venti ma i giapponesi ne fecero un'arma vincente applicandolo su vastissima scala. E ciò fu possibile soltanto perché, come dice Honda a un certo punto: "i giapponesi sono un popolo diligente e laborioso". Solo a quelle condizioni è stato possibile introdurre quella che all'epoca era una novità rivoluzionaria.

Gli esempi della specificità sono infiniti,
cito il "poka yoke" applicato alla Toyota, altro esempio lampante di certosina immedesimazione nella psicologia dell'utente.

La società giaspponese è feudale, pre democratica e pre illuminista. Quando Soldati chiede se sia vero che i dipendenti siano costretti a tenere i risparmi in banche del gruppo, Honda nega e, a modo suo, ha ragione. Perché i rapporti tra gruppi keiretsu e zaibatsu sono più forti delle norme scritte, sono quasi rapporti parentali e per lui sono cose ovvie, impossibili da spiegare all'interlocutore occidentale.

Vabbè vedo che mi sono dilungato, però almeno penso che Fabio non possa dire che ho trascurato l'input che mi ha dato.... "
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Giacomo916
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Re: Honda, le moto dagli occhi a mandorla

#6

Messaggio da Giacomo916 »

Nell' intervista si parla già dei motori elettrici e i pro e contro sono rimasti gli stessi del 1974. Addirittura Agnelli confidava nel fatto che a distanza di 5 anni avremmo avuto già operative auto elettriche
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JohnnyBravo
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Re: Honda, le moto dagli occhi a mandorla

#7

Messaggio da JohnnyBravo »

Decisamente i giapponesi hanno fatto tabula rasa negli anni 70, italiani e inglesi che fino ad allora facevano le migliori moto sono rimasti spiazzati dai modelli che arrivavano da là. Tecnologia e qualità avanti almeno 10 anni, le nostre moto erano sempre le stesse da anni e sembrava non si evolvessero. I modelli 2T avevano prestazioni terrificanti per allora ma sono stati i 4 cilindri che hanno dato il colpo di grazia all'industria europea.
Lo stesso successe a quei tempi alle macchine fotografiche, le varie Leica quasi sparirono quando arrivarono Nikon & co.
La vita è un viaggio, e allora perché non farlo in prima classe?
scrambler
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Re: Honda, le moto dagli occhi a mandorla

#8

Messaggio da scrambler »

Sito segnalato da Adriano su WZ, merita una visita:

https://www.honda.com/collection-hall-gallery

Saluti Fabio Scrambler
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JohnnyBravo
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Re: Honda, le moto dagli occhi a mandorla

#9

Messaggio da JohnnyBravo »

Bello, e non ci sono solo Honda.
La vita è un viaggio, e allora perché non farlo in prima classe?
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